Extra-Lavoro, Extra-Valore - Comunità Collinare Valcerrina: NEWS

Extra-Lavoro, Extra-Valore - Comunità Collinare Valcerrina: NEWS

     
   21/11/2011

 Riunione del Gruppo di Lavoro al completo per condividere operativamente le strategie da porre in atto per la realizzazione del progetto:
a) raggiungere gli immigrati del territorio: preferibile una ricerca puntuale attreaverso le anagrafiche dei Comuni partecipanti al progetto, pertanto: individuazione delle persone da contattare; predisposizione di una lettera di spiegazione dell'iniziativa (finalità del progetto e possibili sbocchi di interesse per l'immigrato) nelle varie lingue diffuse nelle diverse comunità da raggiungere; invio ai singoli della lettera di invito.
b) orientare gli immigrati del territorio:
- attraverso incontri con il mediatore culturale/facilitatore del progetto, nelle sedi che verranno invididuate in base al numero e tipologia della popolazione raggiunta;
- seguirà lavoro di back-office per l'incrocio dei bisogni con le risorse;
c) indirizzare gli immigrati alle attività formative previste a progetto:
- dato di input che deriva come output dallo sviluppo del precedente punto.


 

  15/11/2011 Due articoli interessati sul tema dell'immigrazione pubblicati dal giornale "La Stampa":
    Sarà l'Asia la nuova America
È in corso una rivoluzione epocale che ci toccherà tutti da vicino, ma di cui poco si parla, se non in termini superficiali e spesso condizionati dal pregiudizio. È quella che sta cambiando i flussi migratori in tutto il mondo. La crisi economica e i cambiamenti climatici stanno avendo un impatto contingente, frenando o accelerando alcuni spostamenti, ma il vero problema di lungo termine sta diventando la competizione tra i vari Paesi per la forza lavoro. Una gara che l’Occidente rischia di perdere, scivolando indietro nella scala della ricchezza globale. Per inquadrare il fenomeno partiamo dai dati dell’International Organization for Migration (Iom), l’agenzia partner dell’Onu specializzata nello studio e nella gestione degli spostamenti delle popolazioni. Al momento nel mondo ci sono oltre 241 milioni di immigrati internazionali: nel 2005 erano 191 e nel 2050 saranno 405 milioni, tanto per capire qual è la tendenza generale. A questo numero bisogna aggiungere oltre 700 milioni di persone che si sono trasferite all’interno dei confini del proprio Paese, portando ad oltre un miliardo il totale degli immigrati internazionali e nazionali. Dove sta andando questa enorme massa di esseri umani? In passato la strada sembrava obbligata: dal Sud verso il Nord del mondo, comunque volessimo poi definire queste regioni sul piano geografico. Quindi Stati Uniti ed Europa sembravano le destinazioni predilette. Ora sono in corso delle trasformazioni storiche, in parte contingenti e in parte di lungo termine. Sul piano contingente la crisi economica ha frenato i flussi, perché ci sono meno posti di lavoro da andare a prendere. Negli Stati Uniti, ad esempio, la disoccupazione tra i cittadini americani è al 9%, mentre quella tra i messicani è all’11,4%: ovvio che molti ispanici tornino a casa o non partano proprio. Anche il numero delle domande per la carta verde attraverso la lotteria è precipitato, dai 15 milioni dell’anno scorso agli 8 di quest’anno, ma questo fenomeno dovrebbe dipendere dal fatto che nel 2011 il Dipartimento di Stato ha vietato le richieste provenienti dal Bangladesh, che nel 2010 erano state 7,6 milioni. L’immigrazione legale negli Usa ha subito una leggera flessione, da un milione e 107 mila nel 2008 a un milione e 42 mila quest’anno. La crisi, però, ha avuto effetti simili anche in Europa e nei Paesi asiatici che importano forza lavoro, come Singapore, Malaysia e Thailandia, e si spera sia transitoria. Un fenomeno di lungo termine, invece, rischia di essere quello legato ai cambiamenti climatici, come ha scritto sulla rivista Science lo studioso dell’Earth Institute della Columbia University Alex de Sherbinin. L’Onu ha calcolato che nel 2008 20 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro abitazioni a causa dei disastri naturali, e prevede che il numero potrebbe salire a 200 milioni entro il 2050. Il vero cambiamento epocale di lungo termine, però, riguarda i rapporti di forza tra i vari continenti, e quindi l’aumento dell’immigrazione dal Sud al Sud. Nel suo rapporto mondiale l’Iom nota che i Paesi del Golfo Persico stanno diventando un magnete per i lavoratori del Medio Oriente, così come Thailandia, Malaysia e Singapore per quelli dell’Estremo Oriente. Il Messico, da sempre visto come una fonte di emigrazione legale e illegale verso gli Usa, sta diventando una destinazione per i latino-americani. Stesso discorso per il Sudafrica nell’area subsahariana. In sostanza, a mano a mano che i Paesi emergenti crescono, i lavoratori delle regioni povere più vicine li scelgono come destinazione preferita, per ovvi motivi di comodità. Ma la cosa più interessante è che il fenomeno potrebbe riguardare presto anche la Cina, se è vero che la sua popolazione in età di lavoro diminuirà di 264 milioni tra il 2015 e il 2060. Se questa tendenza verrà confermata, anche il Paese più popolato al mondo diventerà un importatore di manodopera straniera. Dal 2000 al 2010 l’Asia è stata la prima «esportatrice di persone», con 65 milioni di partenze contro 30 milioni di arrivi: se anche Pechino comincerà ad attirare immigrati dall’esterno, i saldi potrebbero invertirsi. Perché tutto questo ci interessa da vicino? Perché le tendenze che abbiamo descritto minacciano di scatenare una competizione per la forza lavoro, di cui l’Occidente potrebbe pagare le spese. È vero che in tutta l’Europa, non solo in Italia, la gente si lamenta degli immigrati che vengono a «rubare il posto». Ma questa è una percezione sbagliata, anche sul piano numerico: la realtà è che tra breve rischiamo di doverli pregare, per venire. Secondo l’Onu, a causa del calo della fertilità, la forza lavoro nei Paesi sviluppati resterà ferma a 600 milioni di persone fino al 2050. Quella nelle regioni in via di sviluppo, invece, aumenterà dai 2,4 miliardi del 2005 ai 3,6 miliardi del 2040. L’Occidente avrà un disperato bisogno di attirare queste persone, per conservare i propri livelli di produttività e ricchezza: basti pensare che oggi in Europa ogni pensionato è sostenuto da quattro lavoratori, mentre nel 2060 il rapporto sarà di due a uno. Il problema è che gli immigrati di cui avremo bisogno saranno sempre più lontani, e forse non avranno più tanta voglia di venire da noi.
L'articolo completo e gli approfondimenti sono disponibili all'indirizzo: http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/429859/
   

Gli immigrati non sono un peso  ma una risorsa fondamentale
Gli immigrati sono una risorsa fondamentale per l’economia globale, ma invece di ragionare su come attirarli e integrarli, stiamo a combattere ogni giorno con dei miti negativi che hanno radice solo nel pregiudizio. Intanto il mondo cambia, e molti Paesi rischiano di perdere per sempre il treno della ricchezza». Jean-Philippe Chauzy è il direttore della comunicazione per l’International Organization for Migration, l’agenzia di Ginevra che da 60 anni studia i flussi migratori, e ha preparato il nuovo «World Report» che verrà pubblicato alla fine del mese. Quali sono i miti di cui parla? «La maggior parte degli immigrati arriva attraversando i confini internazionali: falso, il grosso delle migrazioni è interno. Il flusso va dai Paesi in via di sviluppo verso quelli sviluppati: falso, l’80% degli spostamenti nel Sud del mondo avviene tra Stati confinanti. Il numero degli immigrati internazionali è fuori controllo: falso, aumenta in maniera progressiva, ma è sempre rimasto intorno al 3% della popolazione mondiale complessiva. L’immigrazione rappresenta un peso per le economie dei Paesi di destinazione: falso, negli Stati Uniti i cittadini nati in America guadagnano 37 miliardi di dollari all’anno grazie alla ricchezza prodotta dai lavoratori stranieri, in base ai dati del Council of Economic Advisers della Casa Bianca. L’immigrazione prosciuga le risorse dei Paesi d’origine: falso, nel 2010 le rimesse verso i Paesi in via di sviluppo sono arrivate a quota 325 miliardi di dollari, cioè il doppio di tutti gli aiuti internazionali, e spesso fanno la differenza se una famiglia riesce a mettere il cibo sulla tavola o no. Secondo uno studio fatto in Italia, la gente crede che gli immigrati siano il 25% della popolazione, mentre arrivano solo al 7%. Lo stesso rilevamento ha dato risultati ancora più preoccupanti negli Usa: 40% di presenza percepita, contro il 14% di presenza reale. Vado avanti?». Passiamo a quello che sta accadendo ora. Che impatto ha avuto la crisi economica sulle migrazioni mondiali? «Meno di quanto ci si potesse aspettare. E’ vero che le rimesse sono un po’ scese, ma stanno già risalendo. La flessione nel numero degli immigrati poi è stata molto ridotta, anche perché la maggior parte di loro non ha le risorse per tornare nel Paese d’origine. La verità è che la forza lavoro serve ovunque, e non è prevedibile una riduzione a breve dei flussi». Coma sta cambiando, nel lungo termine, l’immigrazione? «Due elementi soprattutto: l’aumento degli spostamenti delle donne come capo famiglia, e i flussi Sud-Sud. Faccio degli esempi pratici: il Messico ormai viene visto come una destinazione, al posto degli Stati Uniti, per chi viene da Venezuela, Colombia, Bolivia, Guatemala e vari altri Paesi centramericani. Nel Sud-Est asiatico, chi lascia Vietnam, Cambogia, Laos, Birmania, va soprattutto in Thailandia. Le migrazioni dell’Africa subsahariana hanno ormai da tempo il Sudafrica come obiettivo principale. Anche nell’Africa occidentale molti lavoratori poveri preferiscono andare dal Burkina Faso al Ghana, piuttosto che lanciarsi in pericolose avventure fuori dal loro continente. Più crescono i Paesi in via di sviluppo, più diventano la meta preferita per i vicini». Quanto influiscono i cambiamenti climatici? «Sempre di più. Le migrazioni stagionali non sono una novità, ma ora sono spesso determinate dagli effetti dei cambiamenti climatici e diventano permanenti. Nel caso dei piccoli Stati insulari, poi, si corre il rischio che spariscano dalla faccia della Terra». Se questo è il quadro, nel futuro dobbiamo aspettarci una competizione serrata tra i diversi Paesi per attirare la forza lavoro? «Sì, soprattutto nel senso che cambieranno i settori ai quali dovremo applicare questo concetto. La competizione per i lavoratori altamente qualificati, gli scienziati, i cervelli, c’è sempre stata, almeno nel mondo occidentale. Ora però si allargherà ai lavoratori di livello più basso, come il personale che baderà all’anziana popolazione europea, mentre la corsa ai cervelli si estenderà ai Paesi emergenti, che cercheranno di portarli via agli altri».
L'articolo completo e gli approfondimenti sono disponibili all'indirizzo: http://www3.lastampa.it/esteri/sezioni/articolo/lstp/429867/


 

29/10/2011

In data odierna, presso la sede della Comunità Collinare si è svolto il primo meeting di confronto tra gli stakeholders impegnati nella realizzazione del progetto. La riunione ha avuto come obiettivo quello di condividere nuovamente gli obiettivi del progetto. E' avvenuta inoltre la presentazione del Tutor di Progetto che opererà sul campo di intervento e a stretto contatto con i destinatari del progetto. Nel corso dei prossimi giorni comincerà la fase di individuazione e avvicinamento di possibili immigrati da coinvolgere nella fase di formazione.


 

   21/10/2011  Riunione del GdL interno di CampusLab per riverificare le linee guida del progetto da porre in atto con l'Ente assegnatario del finanziamento.