PSR 121 – Newsletter P.Nv1+3 – Impianti a biogas: come valorizzare gli scarti di produzioni agricole, zootecniche e di alcune trasformazioni alimentari – Biogas: produzione dei feedstock e normativa in materia

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Impianti a biogas: come valorizzare gli scarti di produzioni agricole, zootecniche e alimentari

Il biogas

Il biogas è un combustibile ricavato dalla decomposizione di materiali organici composto da una miscela di metano (50÷75%) e anidride carbonica (25÷45%), a cui si aggiungono piccole percentuali di azoto ed idrogeno e tracce di altri gas.

Il biogas ha un discreto potere calorifico di circa 19-25 MJ/Nm³ (contro i 35 MJ/Nm3 del gas naturale) e viene impiegato principalmente in impianti di cogenerazione che producono elettricità e calore; altri utilizzi sono la produzione di energia termica e la trasformazione in biometano (un gas simile al gas naturale distribuito nella rete).

La produzione di biogas avviene grazie ad processo di digestione anaerobica di batteri che scompongono materie prime organiche (chiamate substrati) quali colture dedicate, residui agricoli, effluenti zootecnici, scarti e sottoprodotti dell’industria agro-alimentare, acque e fanghi reflui, frazione organica dei rifiuti organici. Nel processo di digestione oltre al biogas si produce un effluente che può essere impiegato in agricoltura come fertilizzante.

La tecnologia

La tecnologia è ormai consolidata ed impianti a biogas sono molto diffusi in Italia (a fine 2016 si contavano quasi 2000 impianti installati) ed Europa.

Gli impianti di cogenerazione a dispongono di un sistema di trasporto, stoccaggio e pretrattamento della materia prima in ingresso. La biomassa entra quindi nel digestore (che altro non è che un enorme silos riscaldato dotato di sistemi capaci di mescolare il substrato) dove si produce il biogas che prima di essere impiegato deve subire un trattamento di pulizia (in particolar modo deve essere desolforato). A questo punto il gas viene inviato ad un cogeneratore composto sostanzialmente da un motore a combustione interna e da un generatore elettrico. In uscita dal generatore oltre all’energia elettrica si ha a disposizione un notevole quantitativo di energia termica che, almeno in parte, viene utilizzata per mantenere il processo di digestione.

I vantaggi della filiera biogas per le aziende agricole

Un impianto a biogas ha alcune caratteristiche che lo rendono particolarmente adatto per applicazioni nel settore agricolo/zootecnico per i seguenti motivi:

  • È flessibile nella modalità di alimentazione che consente lo sfruttamento energetico di una serie molto ampia di prodotti e sottoprodotti che altre filiere non riescono a sfruttare;
  • È basato su una filiera corta: in ingresso utilizza prodotti che non possono essere trasportati per lunghe distanze date le loro caratteristiche e gli output del processo per ragioni tecniche ed economiche deve trovare collocazione nelle immediate vicinanze dell’impianto;
  • È scalabile nella taglia, si va dai 20 kW e fino a 2-3 MW, cosicché ogni azienda può trovare un dimensionamento ottimale in base alla materia prima disponibile;
  • È incentivato; il biogas può disporre ancora di un regime incentivante favorevole;
  • Ha margini di sviluppo futuro soprattutto con la conversione a biometano da destinare in rete, negli impianti di cogenerazione e come biocombustibile da autotrazione.

Impianti a biogas sono incentivati dallo stato e non ostacolati dalle amministrazioni locali grazie al contributo che portano all’ambiente.

Biogas - schema_processo

L’evoluzione del biogas: il Biometano

Fino a quest’anno la scena degli impianti per la conversione di biomasse in energia è stata dominata dagli impianti a biogas. Nel marzo del 2018, col cosiddetto “decreto biometano”, Decreto Ministeriale del 2/3/2018, lo stato italiano ha segnato una svolta nello sfruttamento di queste tecnologie favorendo, con una norma dalla chiara attuabilità e che finanzia economicamente i soggetti, la conversione degli esistenti impianti per la produzione di biogas a impianti per la produzione e per il cosiddetto “upgrading” a biometano destinato all’autotrazione e all’immissione nella rete nazionale del metano.

L’ultima norma riguardante il biometano era il Decreto Ministeriale del 5 dicembre del 2013, il quale inquadrava il biometano come possibilità di approvigionamento di gas naturale da fonte rinnovabile. Questa norma, tuttavia, non ha avuto alcun effetto impattante sul mercato del biometano in quanto non era in alcun modo regolata la qualità del gas prodotto, né l’atto pratico dell’immissione di quest’ultimo nella rete di distribuzione. A partire quest’anno quindi, i produttori, avranno una nuova possibilità fornita dal legislatore: vendere il gas prodotto dal biodigestore. Premettendo, dunque, che il momento attuale vede un possibile incremento della produzione di biometano, è opportuno anche che ci sia una attenta formazione degli operatori del settore. Se da un lato, quella del biometano, può essere una grande risposta all’esigenza di produrre energia da fonti rinnovabili, dall’altro si rischia di andare a intaccare quella parte di comparto agricolo destinata alle produzioni per fini alimentari di base, quella cerealicola, entrando di fatto in competizione con un mercato di vitale importanza per l’approvvigionamento di beni di base per le famiglie italiane.

Biomasse avanzate

La produzione di feedstock per biometano deve sfruttare i principi agronomici più moderni fatti di procedure e accorgimenti opportunamente elaborati per andare a produrre biomasse da digerire in modo da non andare a rendere discutibile l’utilizzo del suolo e, soprattutto, per non far diventare un settore molto promettente un danno per l’economia e l’ambiente nazionale. Per questo motivo vengono evidenziate dal decreto una lista di biomasse definite “avanzate”.

Utilizzare questa tipologia di biomasse permette di accedere a sistemi di incentivazione raddoppiati. Le biomasse avanzate sono costituite principalmente da scarti di lavorazione industriale, da frazione organica dei rifiuti solidi urbani e dalle cosiddette “colture secondarie”: colture che occupano una importanza subordinata nel ciclo colturale annuale. Queste colture sono identificate da una lista che non comprende colture ad alto impatto, come ad esempio soia e mais, che di solito concedono rese molto elevate. E’ opportuno quindi conoscere le norme e le tecniche in modo da essere competitivi nel settore: come fare ad accedere agli incentivi, come produrre colture secondare e quali sono quelle più vantaggiose.

La strategia europea per la diminuzione dell’inquinamento da combustibili fossili

La direttiva europea 2009/28/CE, anche denominata RED, che sta per Renewable Energies Directive (direttiva sulle energie rinnovabili) è stata recepita dall’Italia col Decreto Legislativo n° 28 del 2011, stabilisce le linee guida per il raggiungimento degli obiettivi prefissati in sede europea sulla riduzione di inquinanti da combustibili fossili. L’obiettivo stabilito è quello della cosiddetta “strategia 20-20-20” volta a ridurre le emissioni di gas serra del 20% entro l’anno 2020. Nell’ambito di questa direttiva sono state emanate altre direttive europee negli anni successivi come la ILUC. L’acronimo ILUC significa Inderect Land Use Change, che tradotto dall’inglese significa “cambio di destinazione d’uso del suolo indiretta”. Questa direttiva (UE 2015/1513) prevede che la destinazione d’uso boschiva o per agricoltura non possa cambiare a favore di colture da biomassa utili per la produzione di biocarburanti creando quindi il concetto di combustibile “avanzato”, che non va a rubare suolo alle produzioni attuali ma che incentivi l’utilizzo di suoli marginali o di biomasse, appunto, “avanzate”.

L’italia, dalla sua parte, ha recepito queste direttive con altrettanti decreti attuativi emanati dal Mise che vanno a regolare tutti i settori dello sfruttamento energetico. L’obiettivo attuale stabilisce, quindi, di ridurre l’utilizzo di combustibili fossili per l’autotrazione del 9% entro il 2022 con una quota dell’1,85% di carburanti “avanzati”. In sede europea è avviata una nuova discussione che stabilirà i prossimi traguardi. Probabilmente l’obiettivo sarà di passare al 14% di biocombustibili entro il 2030, di cui il 3,5% “avanzati”.

a cura di: Ing. Adriano Spadi e Dott. agr. Tommaso Vai

 

Livio Olivero

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