PSR121 – Newletter P.N6 – Come la biomassa aiuta a rispettare i criteri di condizionalità dell’UE: utilizzo energetico dei reflui e delle stoppie

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La condizionalità

Un errato utilizzo delle biomasse agricole residuali ed una gestione non corretta delle deiezioni zootecniche comporta difficoltà nell’accesso ai finanziamenti europei. Infatti, al fine di percepire gli aiuti comunitari ogni agricoltore deve rispettare gli obblighi della condizionalità. Questo impegno è stato introdotto con la riforma Fischler del 2003 ed è sottoscritto dell’agricoltore al momento della presentazione della domanda per ricevere il pagamento PAC. Gli impegni sono suddivisi in due grandi categorie:

  • Criteri di Gestione Obbligatori (CGO);
  • Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali (BCAA).

I residui colturali

I residui colturali possono determinare per gli agricoltori un problema di gestione ed organizzazione aziendale.
Spesso richiedono operazioni di trinciatura o sminuzzatura per agevolare la decomposizione o per facilitare le operazioni di interramento. Per ottenere un risparmio economico in molte zone agricole non è raro disfarsi annualmente dei residui bruciandoli, creando danni ambientali con l’emissione di gas inquinanti come anidride carbonica (CO2) e metano (CH4) oltre che ad un mancato apporto di sostanza organica nel terreno. La creazione di filiere agro-energetiche sostenibili potrebbe contribuire ad aiutare gli agricoltori nel perseguire l’osservanza dei parametri contenuti nella “condizionalità” della PAC 2015-2020, generando così benefici sia dal punto di vista ambientale che socio-economico. L’utilizzo delle bio-energia consentirebbe di:

  • contrastare il problema dei cambiamenti climatici con la riduzione dell’emissione di molecole clima alteranti (SOx, CO, benzene, ecc.), tipicamente immesse in atmosfera con la combustione di prodotti petroliferi;
  • generare un bilancio emissivo di CO2 considerato nullo, in quanto l’anidride carbonica rilasciata durante il processo di conversione energetica è equivalente a quella assorbita e stoccata (sotto forma di carbonio) durante la crescita della biomassa stessa e che sarebbe rilasciata naturalmente durante la fase di decomposizione;
  • rilanciare l’economia nelle aree marginali (tipicamente collinari e montane) sottoposte al fenomeno di spopolamento e sempre più soggette al dissesto idrogeologico;
  • diversificare ed integrare il reddito degli agricoltori con opportunità occupazionale;
  • generare un risparmio per il settore industriale nello smaltimento o depurazione dei residui di lavorazione;
  • diversificare l’offerta nazionale energetica riducendo l’importazione.

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Conversione biochimica

Queste tecnologie consentono di ottenere combustibile rinnovabile attraverso reazioni biochimiche dovute all’azione di enzimi, funghi e microrganismi che crescono in particolari condizioni ambientali nel substrato organico interessato. Di particolare interesse sono quelle matrici altamente fermentescibili con un valore del rapporto Carbonio/Azoto (C/N) inferiore a 30 e con un’umidità superiore al 30%. Risultano idonei a questo processo di conversione le deiezioni di origine animali (letame, liquame), gli scarti di lavorazione e trasformazione (borlande, acqua di vegetazione, siero del latte ecc.), sottoprodotti di colture vegetali (mais, sorgo, patate, pomodori, barbabietole, colture orticole), le colture acquatiche nonché tipologie di rifiuti urbani (FORSU). Tra le varie tecnologie disponibili sul mercato, la digestione anaerobica risulta fortemente affermata e ben distribuita sul territorio nazionale, soprattutto nel settore agricolo. A questa si può aggiungere il processo di trasformazione idrolitica dei materiali cellulosici di scarto in monomeri zuccherini, e successiva fermentazione ad alcool etilico (etanolo).

 

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Conversione termochimica

Queste tecnologie prevedono la conversione della biomassa di partenza grazie all’azione del calore. I principali prodotti della combustione possono essere direttamente l’energia termica o prodotti intermedi solidi, liquidi o gassosi successivamente sempre impiegati a scopi energetici. Tipicamente in questo processo sono utilizzati i prodotti ed i residui di natura cellulosica e legnosa con un valore del rapporto C/N superiori a 30 ed un contenuto di umidità inferiore al 30%. Le biomasse più adatte a subire processi di conversione termochimica sono la legna e tutti i suoi derivati (segatura, cippato, trucioli, ecc.), i più comuni sottoprodotti colturali di tipo ligno-cellulosico (paglia di cereali, stocchi di mais, residui di potatura della vite e dei fruttiferi, ecc.) e taluni scarti di lavorazione (lolla, pula, crusca, gusci, noccioli, ecc.). Tra le varie tecnologie disponibili ed affermate è presente la combustione diretta della biomassa. A questa si possono aggiungere i processi di pirolisi e gassificazione già utilizzate su scala industriale

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Livio Olivero

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